Quello che succederà tra pochi giorni è che, per motivi che non dipendono dalla mia volontà, dovrò cambiare lavoro.
Sbaraglio il campo dalle ipotesi pessimistiche; non mi stanno licenziando.
Semplicemente l’azienda in cui sono adesso è coinvolta in una fusione e mi è stato proposto di cambiare ufficio (una proposta di quelle che non si possono rifiutare, non so se mi spiego).
Per cui da inizio febbraio prenderò armi e bagagli e mi trasferirò in un altro ufficio, in un’altra sede di lavoro, con nuovi colleghi ed un nuovo lavoro diverso da quello che ho fatto negli ultimi 10 anni (vabbé, da ex-interinale non è che sia una novità per me, diciamo che qualche tempo fa era una prassi piuttosto frequente).
L’unica cosa che non cambia è lo stipendio. Quello resta immutato, che la proposta che non si può rifiutare non contempla anche modifiche salariali (e non mi sono stati prospettati al momento grossi margini di trattativa).
Ok, il cambiamento è il sale della vita. In fondo dopo 10 anni ci si stufa a fare sempre le stesse cose, andare sempre nello stesso posto, vedere sempre le stesse facce.
E poi, come si dice, l’importante è la salute.
Questo per fare l’ottimista.
Devo dire che al momento tutta questa cosa non mi sta creando particolari scossoni emotivi, non so se per via delle abitudini passate o perché manca ancora poco meno di una settimana e mi sembra che sia un tempo ragionevolmente lungo. Si vedrà poi se e come riuscirò a dormire la notte prima.
Al momento le mie maggiori preoccupazioni sono soprattutto di tipo pragmatico: il nuovo percorso che dovrò fare tutti i giorni, i relativi tempi di percorrenza, il tentativo di lasciare la minore quantità possibile di arretrati alla collega che resta nell’ufficio.
So già che avrò una scrivania un po’ meno spaziosa di quella che ho adesso e che sarò in ufficio con un ingegnere, che per inciso sarà il mio nuovo responsabile.
Poi ci sono cose più futili ma non meno importanti: avrò a disposizione un pezzo di parete per appendere la foto autografata di Inzaghi? Riuscirò ad avere in tempi ragionevoli una chiavetta del caffè? C’è figa di là (anche l’occhio vuole la sua parte)?
Ora forse dovrei partire con i saluti e i ringraziamenti, ma quelli preferisco farli di persona.
Tanto nessuno dei miei attuali colleghi legge questo blog e penso che non lo leggerà neppure nessuno di quelli futuri.
Volevo però scriverlo qui. In fondo il blog serve anche a questo, a lasciare una piccola traccia di cambiamenti più o meno epocali.
P.s: ovviamente sono gradite forme di incoraggiamento, testimonianze di solidarietà e di stima, virili pacche sulla spalla e offerte di prestazioni sessuali (queste ultime solo dal pubblico femminile, grazie).