I giorni del condor e le notti del padulo

L’altra notte, dopo la partita, ho sognato Inzaghi. Non mi ricordo cosa succedeva nel sogno, ma non è importante. Mi ricordo che c’era Pippo, forse perché non mi capita spesso di avere ospiti illustri nei miei sogni. E poi mi ricordo che il sogno non c’entrava niente col calcio.
Un po’ come la sua carriera, finora, da allenatore. C’è, ma ha ben poco a che vedere col calcio. (Ogni tanto spiego qualche battuta, nel caso mi stesse leggendo un’interista).
Un po’ ancora mi spiace parlare male di lui. E’ stato un giocatore fenomenale, unico nel suo genere.
Da qualche parte tempo fa ho letto che qualcuno, non ricordo chi (lo so, messa così come testimonianza fa un po’ acqua, come la nostra difesa), ha detto che Inzaghi non giocava a calcio. Lui giocava a gol.
Entrava in campo con una feroce determinazione ed un unico pensiero: segnare.
Lui viveva per il gol. Anche fuori dal campo.
Aveva un solo pensiero sul quale concentrava tutti gli sforzi dei suoi neuroni. Questo ha fatto di lui il grande attaccante che è stato, consentendogli di superare tutti i suoi limiti fisici e tecnici.
Questo però non basta per fare di lui un allenatore. Ora non può permettersi di pensare sempre e solo ad una cosa sola. Temo che non ci sia abituato e si vede.
Quello che non si vede è un’altra dote che, invece, da giocatore lo caratterizzava: l’incoscienza, o il coraggio se preferite. Lui era uno che se vedeva arrivare la palla si buttava in mezzo a qualunque difesa pur di poterla deviare in porta, con qualunque parte del corpo, passando attraverso selve di gambe e gomiti e teste.
Da allenatore invece fa sempre scelte timide, scontate, un po’ rinunciatarie, e spesso in ritardo.
Ma anche qui, non è questa la sua colpa maggiore. come allenatore, intendo.
La colpa primigenia, o l’errore se vogliamo, il peccato originale di Inzaghi è soprattutto quella di aver accettato di allenare una squadra assolutamente non all’altezza, pensando forse di poterne cavare qualcosa di buono comunque. La presunzione di poter sopperire alla sua mancanza di esperienza ed alle carenze della squadra col proprio nome, col proprio passato e col proprio ego.
Tutto questo comunque vale non più del 10% di responsabilità sulla situazione generale della squadra.
Se gli ingredienti fanno schifo, non importa quante stelle ha il tuo ristorante, non importa quante stelle ha il tuo chef, difficilmente riuscirai a servire qualcosa di diverso da un panino una merda.
Puoi mascherarlo con spezie e condimenti esotici, puoi farlo dal miglior chef del mondo, ma un panino alla merda resta sempre un panino alla merda.
Quindi si può dire che la maggior parte delle responsabilità sono a carico di chi compra gli ingredienti. Sappiamo chi è, sappiamo chi lo manda, ma soprattutto sappiamo in che condizioni lo manda.
Siamo in quelli che ormai da qualche anno qualche incauto commentatore chiama i giorni del Condor. Secondo i commentatori benevoli sarebbero quelli in cui Galliani pesca dal cilindro qualche jolly. Ultimi giorni del calciomercato, ultimi giorni dei saldi, quelli in cui arrivano sulle vetrine i fondi di magazzino.
In questi giorni si vede la vera grande capacità di Galliani, che non è quella di prendere grandi campioni a poco, ma di vendere ai tifosi dalla bocca buona l’acquisto di grandi ciofeche come se fosse grandi campioni. Confeziona un bel panino con la merda e dice che è Nutella. Il bello è che poi c’è anche chi apprezza. Tanto il colore è lo stesso.
Questo è ciò che è successo a fine del mercato estivo quando Galliani ha cercato di rifilarci tre avanzi di panchina, Torres Alex e Menez, come se fossero i migliori acquisti del campionato.
Questo è quello che sta succedendo anche in questi giorni, con quattro giocatori quattro prelevati dalle panchine delle rispettive squadre, presi in prestito oltretutto, e spacciati come la risoluzione di tutti i problemi.
Quindi la colpa è di Galliani? Ni.
Solo in parte. Ma non una piccola parte. Perché se è vero che lui si trova costretto a tentare di fare mercato sottocosto dalla famiglia Berlusca che non molla più uno spicciolo, è altrettanto vero il Milan, grazie anche a lui, continua a pagare lauti stipendi a giocatori bolliti da anni grazie alla sua politica sui rinnovi.
Quanto incidono gli stipendi di Essien e Mexes sulla possibilità di acquisto di nuovi giocatori?
Quanto incidono ancora oggi sulle casse del Milan gli stipendi di Robinho e Matri?
E lo stipendio di Seedorf?
Ecco, su questa riflessione, e sull’immagine di Seedorf che ogni mese incassa il bonifico del Milan senza far niente direi che si può chiudere questo post.

Alla prossima.

2 pensieri su “I giorni del condor e le notti del padulo

  1. Bel post, complimenti.
    Anche io sono d’accordo sul fatto che le responsabilità maggiori siano di proprietà (SB) e dirigenza (AG) perchè la mala gestio degli ultimi anni è stata portata avanti dal secondo con l’avallo del primo. Gli allenatori che si sono succeduti poco hanno potuto fare poco, anche perchè se non assentivano ai diktat societari facevano una brutta fine (Seedorf).
    Tuttavia io non riesco ad essere indulgente con Inzaghi.
    Ha tramato, ordito e magheggiato due lunghi anni per finire sulla panchina rossonera, ha pensato sempre agli affari suoi invece di pensare a quelli della squadra e della società. E ora che è al timone e la squadra va male è giusto e sacrosanto che si mangia il suo bel panino di merda. Tutto. Fino in fondo.

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