Oggi, un anno fa, facevo il primo giorno di smart working della mia vita.
Avrebbe dovuto essere essere una sorta di sperimentazione, avrei dovuto lavorare da casa per due giorni a settimana, non di più.
Non sono più tornato in ufficio, se non per qualche gita estemporanea.
E’ stato un anno vissuto pericolosamente, in cui ho dovuto costruire una nuova normalità.
Ho lavorato forse con meno stress (non sempre), ma anche con orari meno definiti. Prima, finito il mio orario, timbravo e tornavo a casa, e non se ne parlava più fino al giorno dopo. Ora gli orari dovrebbero essere più o meno gli stessi, ma non c’è un cartellino da timbrare e la giornata finisce quando riesco a chiudere il portatile, cosa che spesso capita più tardi rispetto all’orario esatto.
Mi è capitato, per fortuna poche volte, di chiudere il computer, andare a prendere la ragazzina di casa all’uscita da scuola, e poi riaccendere tutto al ritorno a casa per finire qualche lavoro urgente (cosa che lavorando in ufficio sarebbe stata impensabile).
Certe pause che lavorando in ufficio erano considerate quasi ineluttabili, tipo il caffé coi colleghi alla macchinetta a metà mattina, sono semplicemente sparite, diluite in una giornata lavorativa con ritmi completamente diversi.
Per alcuni aspetti, tipo la linea internet, ero già pronto essendo un nerd di vecchia data.
Per altri un po’ meno. Per dire, ho dovuto comprare una sedia da ufficio per casa (ovviamente ho preso una sedia da gamer milanista, ma questa è un’altra storia), e ho dovuto inventare una postazione di lavoro che da provvisoria è diventata permanente.
Per altri problemi una soluzione vera non è ancora arrivata, tipo il fatto che continuo a ricevere buoni pasto elettronici che, da casa, fatico ad utilizzare.
Le prospettive future sono di continuare così ancora almeno per il 2021, e poi non si sa (qui subentrano anche molte scelte aziendali, al momento imperscrutabili).
Penso che oggi, per festeggiare, in pausa pranzo farò un’eccezione alla regola e mi berrò una birretta.