25 aprile, again

Manca poco alla Festa della Liberazione e, ancora una volta, tocca ribadire l’ovvio, che evidentemente non lo è abbastanza.
Procedo per punti.

Innanzitutto, antifascista non significa comunista. L’antifascismo va a braccetto molto più con il concetto di democrazia che con quello di comunismo.
Chi continua ad associare l’antifascismo con il comunismo lo fa o per ignoranza o per malafede.

Il 25 Aprile è una festa divisiva.
Si festeggia una cosa ben precisa, la liberazione dal nazifascismo. Da una parte quelli che non festeggiano, che sono fascisti, dall’altra quelli che festeggiano. Non vedo come possano esserci vie di mezzo.

Non esiste un fascismo buono. Il fascismo è una montagna di merda. Se non pensi che sia così, è inutile girarci intorno, sei fascista.

Roma – Milan: 1-1 (ma prima una breve storia triste) (più triste della partita)

La breve storia triste:
Sabato 29 maggio, ore 12,00, si apre la vendita per Milan-Inter, semifinale di Champions League, per i possessori di carte cuore rossonero (per gli amici, CRN).
Ore 12,00 in punto, entro nel sito del Milan, faccio il login, entro nella biglietteria, e:
Impossibile aprire la pagina.
Passano circa 10 minuti di vari tentativi e finalmente la pagina si apre:

Non demordo, che vuoi che sia un’oretta di attesa.
Ne passano due:

Poi tre.
Quattro.
Cinque.
Alle 17,37, finalmente, è il mio turno:

TUTTO ESAURITO.
SOLD OUT. NEMMENO UN POSTICINO, NIENTE, KAPUTT.

In realtà le voci che fosse tutto sold out giravano già dalle tre del pomeriggio, ma ho voluto arrivare comunque fino in fondo e vedere coi miei occhi.
Vabbè, la vedrò in televisione.

Ora la partita:
Per citare il poeta nonché maestro:
A chi è triste di suo come un limone già adoperato
dà ancora più tristezza mangiar male..
.”
Partita inutile, come il titolo della canzone da cui ho preso la citazione, e triste come la canzone stessa, giocata dalla Roma in perfetto stile Mourinho, con l’apoteosi del piangi e fotti, indirizzata verso il più classico dei pareggi inutili e perfetta per uno 0-0 rovinato solo da due fiammate nel finale, che hanno regalato in pochi minuti emozioni forti e contrastanti che erano assolutamente mancate per quasi 100 minuti.

Chiudo con la classica semicitazione: Forza Milan, e a culo tutto il resto.

Quando pesti un merdone (ergo, dici una stupidata sesquipedale) hai sostanzialmente tre modi per uscirne:
1) Tacere e aspettare che passi;
2) Scusarti, e aspettare che passi;
3) Rimestare il merdone e inzaccherarti fino in fondo. E poi aspettare che passi.

Curiosamente, ma non troppo, gli esponenti dell’attuale governo (ma per onestà occorre riconoscere che è la strada scelta in generale da tutti i politici italiani), è la terza.
Aspettando poi che qualcuno ne pesti un altro e via così.
Merda di distrazione di massa.

Il problema è che funziona, altrimenti non lo farebbero.

San Sala

Questo che sto per scrivere è fortemente influenzato (ma va’) da quello che sono.
Quello che sono è questo, un cinquantenne (e spicci), nato in provincia Milano, che vive a Milano da 20 anni, e che da che si ricordi tifa Milan.
Quindi milanista e milanese, ma prima milanista, poi milanese.
Questo che sto per scrivere si può riassumere in poche righe, e così farò:
Il Sindaco Sala, i comitati per il NO, ecologisti o semplici stronzi che siano, gli interisti, il Consiglio Comunale, i nimby, i nostalgici, e tutti gli altri, hanno rotto il cazzo.

Andavo a 30 all’ora (sempre sul pezzo)

(Milano, le bici e i sellini) (Semicit)

Ora che l’argomento sembra un po’ essersi raffreddato, e la polemica è calata, sento che è il momento buono per dire la mia.
Innanzitutto un paio di fatti, che non fanno mai male: quello approvato dal consiglio comunale di Milano è un ordine del giorno che impegna la giunta ad agire nel senso della città a 30 Km/h.
La giunta, e in particolare il Sindaco Peppone Sala, ha già detto che si può fare, ma ha precisato (e mi pare che sia una posizione di buon senso) che occorrerà valutare bene e che non tutte le strade saranno portate al limite di velocità di 30 Km/h.
Fine della storia, almeno per ora.

Cominciamo con una nota squisitamente tecnica: ci ho provato ad andare a meno di 30 Km orari con la mia macchina. La mia macchina non è una Ferrari, e neppure una Twingo. E’ una Opel zafira a GPL del 2010.
Dicevo, ci ho provato. E per riuscire a percorrere qualche decina di metri senza superare i 30 Km orari di velocità devi marciare in seconda, avendo comunque cura di sfiorare l’acceleratore senza premere, con un occhio costantemente al tachimetro, altrimenti è un attimo arrivare ai 35. Se metti in terza o molli del tutto il pedale, e non ti muovi, o non ce la puoi fare.
Non so se con macchine più moderne, col cambio automatico, sia più semplice (magari sì, se hai la possibilità di impostare un limitatore, che non credo sia di serie su qualche modello).

Portare il limite di velocità in città a 30 Km/h è una di quelle cose su cui, da automobilista, non sono necessariamente in disaccordo, con le dovute cautele.
Ci sono tratti stradali (penso per esempio alle circonvallazioni) in cui sarebbe forse controproducente, e altri in cui il limite esiste già anche se non c’è sui cartelli.
Ci sono tratti in cui, soprattutto in alcuni orari, tra una semaforo, un dosso, una rotonda e un restringimento (per non parlare degli scemi in doppia fila o dei ciclisti e dei monopattini in mezzo alla strada), la velocità di 30 Km/h non è raggiungibile né come punta né come media.
In ogni caso qualsiasi intervento che abbia lo scopo dichiarato di aumentare la sicurezza di tutti quelli che utilizzano le strade, automobilisti, motociclisti, ciclisti, monopattinisti e, anche, pedoni, deve essere preso in valutazione.

Detto questo, faccio un po’ di polemica che alza lo share: Milano è in guerra, silenziosa e inesorabile, contro le automobili da tempo. E’ cominciata con i parcheggi, e l’invasione di strisce blu ovunque.
Ne fa parte, a suo modo, anche l’invasione di piste ciclabili. Non tanto per le piste stesse, ma per come generalmente sono realizzate, spesso togliendo spazio alle carreggiate anche dove non ce ne sarebbe bisogno. A tal proposito mi viene ogni tanto il sospetto che certi tratti di ciclabile siano stati progettati da qualcuno che non è mai andato in bicicletta, oltre che in auto, in vita sua. Ma tant’è, ci deve essere dietro un genio che io, coi miei limitati mezzi cognitivi, non riesco a comprendere.

Il problema di queste iniziative, purtroppo, è che spesso pur essendo proposte di puro buon senso, vengono promosse da fanatici che il buon senso l’hanno accantonato da tempo in nome di una visione del mondo integralista.

Ora ci sta bene un altro riferimento personale: Io vengo da una piccola città (Cit.), nei pressi della quale mi sono sempre spostato parecchio in bicicletta.. Vent’anni fa o giù di lì mi sono trasferito a Milano e la mia bici (una fidata Atala da senza cambio regalatami in terza media dopo che qualcuno aveva rubato la mia fidata graziella verde) è venuta con me.
Un giorno, volendo fare un giretto nel mio nuovo quartiere, ho inforcato la bici. Ho fatto un giro di un’oretta circa, sono rientrato terrorizzato e ho messo via tutto.
Negli anni mi è capitato di riprendere la bici, ne ho anche una nuova addirittura col cambio Shimano, per alcuni periodi l’ho pure usata per recarmi al lavoro, ma ogni singola volta con la consapevolezza che stavo mettendo a rischio la mia vita.
Questo per dire cosa?
Che sono assolutamente favorevole a tutte le iniziative che rendano più sicuro spostarsi in biciletta a Milano (dove ho già sentita questa cosa? Ah sì, l’ho scritta io poche righe sopra).
Ma da automobilista, per necessità, sono contrario a questa guerra segreta contro le automobili.

Giustizia è fatta

Disclaimer: POST QUALUNQUISTA

Il cellulare rubato è stato recuperato e i delinquenti assicurati alla giustizia.
Così si fa.

Ovviamente sto parlando del cellulare rubato al figlio di Salvini.
A conferma che se il derubato non è il figlio di uno qualunque, è possibile che le forze dell’ordine si muovano per andare a cercare uno smartphone rubato con la localizzazione attiva, invece di suggerire al derubato di andare di persona, e che quando questo succede, le probabilità di recuperare la refurtiva e di acciuffare i ladri aumentano esponenzialmente.

Se vi chiedete invece come è finita la vicenda del cellulare rubato a mia figlia, la conclusione è la stessa dell’ultimo post in merito: siamo il paese del “io so’ io e voi non siete un cazzo”.